Ipotesi rete unica: TIM ne vorrebbe il controllo, Open Fiber risponde difendendo il modello wholesale only


Sull’ipotesi di una rete unica TIMOpen Fiber si continua a discutere, ma soprattutto non mancano le continue dichiarazioni dell’AD TIM tutte rivolte a ribadire la contrarietà ad un modello wholesale only, applicato e difeso invece da Open Fiber.

Per Gubitosi (AD TIM) il modello da adottare per la rete unica frutto di un’eventuale integrazione con Open Fiber, è quello “sotto il controllo di un operatore verticalmente integrato quale TIM, piuttosto che un modello ‘wholesale only’ che si è rivelato fallimentare ovunque sia stato applicato. Siamo disponibili a parlare con governo e Agcom su modelli di remunerazione come il Rab, purché sia tutelato il valore per gli azionisti”.

Gubitosi aggiunge, nelle risposte inviate ai piccoli azionisti di Asati in vista dell’assemblea di giovedì 23 aprile, come “il progetto finalizzato a valutare possibili forme di integrazione delle reti in fibra ottica di TIM e Open Fiber sia apprezzato e sostenuto dalle istituzioni nazionali, dal momento che consentirebbe di accelerare lo sviluppo della rete in fibra e chiudere di conseguenza il digital divide che ancora si registra in numerose aree del Paese, evitando duplicazioni di investimenti già di per sé molto onerosi”.

La risposta di Open Fiber

Non si è fatta attendere sul tema la risposta di Open Fiber: “Con riferimento alle dichiarazioni di TIM sul modello wholesale, Open Fiber dichiara che il modello wholesale only trova importanti riscontri sia nel nuovo Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche, in fase di recepimento da parte del Parlamento italiano, sia nelle analisi svolte dall’Agcom e dall’AGCM, sia in un chiaro orientamento espresso ad amplissima maggioranza dal Legislatore nel decreto fiscale del 2018 (art. 23-ter).

In tutti i casi, questo modello viene indicato come il più adatto per favorire gli ingenti investimenti necessari a realizzare una nuova rete di accesso ad altissima capacità, a disposizione di famiglie e imprese. Investimenti che – al contrario – non sono stati effettuati dall’operatore verticalmente integrato causando il ritardo in cui si trova il nostro Paese.

Il modello wholesale only è soprattutto l’unico a garantire l’accesso alla rete in forma neutrale e non discriminatoria a tutti gli operatori, che ne sono clienti e non concorrenti, con evidenti benefici per i consumatori in termini di pluralità e ricchezza dei servizi disponibili.

Un modello di business che, oltre ad ottenere il gradimento di tutti gli operatori di telecomunicazione del mercato italiano ad eccezione dell’incumbent, ha già permesso ad Open Fiber in circa tre anni di diventare, con 8,5 milioni di case raggiunte, il terzo fornitore europeo di connettività in modalità FTTH (Fiber To The Home) – il primo non verticalmente integrato – alle spalle di Telefonica e Orange.

Un risultato tutt’altro che fallimentare a giudicare anche dai comportamenti abusivi messi in campo dall’incumbent per ostacolarlo e il reiterato interesse dimostrato ad acquisirne il controllo”.

iliad e Open Fiber

Come sappiamo, entro il 2024 iliad sbarcherà anche nel segmento della telefonia fissa e promette anche qui una nuova rivoluzione, con offerte convenienti e senza costi nascosti, proprio come accaduto nel mobile e che ha portato alla conquista di oltre 5 milioni di utenti in meno di due anni.

Open Fiber sembra davvero la scelta più logica per iliad, grazie alla copertura FTTH fino a 1 Gigabit che sta avanzando a pieno ritmo, ma con un unico grande punto interrogativo: se Open Fiber finirà nelle mani di TIM, che fine farà la neutralità e la garanzia di parità di accesso all’infrastruttura di rete data attualmente a tutti gli operatori a prezzi accessibili dal gruppo guidato da Elisabetta Ripa?

Un ritorno ad un monopolio di fatto sull’infrastruttura di rete vuol dire perdere tutto questo, un danno sia per i tanti piccoli e grandi operatori di telecomunicazione (in particolare quelli a carattere locale) che per i consumatori, che oggi toccano con mano i vantaggi della forte concorrenza data da Open Fiber (e i gestori che sfruttano la sua rete) nei confronti dell’ex monopolista.

Senza dimenticare che solo lo scorso mese TIM è stata sanzionata dall’Antitrust per 116 milioni di euro per aver “posto in essere una strategia anticoncorrenziale preordinata a ostacolare lo sviluppo in senso concorrenziale degli investimenti in infrastrutture di rete a banda ultra-larga”.

Si vuole davvero tornare indietro, ora che l’Italia sta vedendo un serio sviluppo nelle connessioni in fibra, dove eravamo fanalino di coda in Europa?


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2 Risposte

  1. Ruggiero ha detto:

    Concordo con te Michele! ????

  2. Michele ha detto:

    Una soluzione potrebbe essere la gestione alternata,ad esempio per i primi quarant’anni la rete la gestisce Open Fiber e per i successivi NON la gestisce TIM.Mi pare equa come soluzione..